MINISTERO DEL
TESORO
Ufficio per l'informazione e i Rapporti con la Stampa
Roma, 14 dicembre 2000
Mutui bancari, la risposta di Fazio a
Visco
E' giunta al ministro del Tesoro Vincenzo Visco la risposta
del Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio alla sua richiesta di
approfondimento sulla questione dei mutui bancari aperta dopo la recente
sentenza della Corte di Cassazione sui tassi usurai. Il ministro del Tesoro
Vincenzo Visco ha trasmesso copia della lettera del Governatore al presidente
del Consiglio nonché al presidente della Commissione Finanze della Camera che
ne ha fatto richiesta.
Ecco, di seguito, il testo della lettera del Governatore
della Banca d'Italia:
"Signor
Ministro,
In
relazione alle intese, vorrei intrattenerLa nuovamente sul tema degli effetti
sul sistema bancario della recente decisione della Corte di Cassazione
sull'applicazione della legge 108/96 anche ai contratti di mutuo stipulati
anteriormente all'entrata in vigore della legge stessa.
L'applicazione
retroattiva della legge intacca il principio della certezza contrattuale e
inficia la funzionalità dei mercati. L'entità delle conseguenze dipende dagli
orientamenti dell'autorità giudiziaria circa la riduzione degli interessi
pattuiti, fino al loro eventuale annullamento.
La
stima degli oneri per il sistema bancario, prospettata nella lettera del 1°
dicembre scorso, è stata effettuata con riferimento a due possibili ipotesi.
In
base agli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, i tassi sui
mutui stipulati in passato, divenuti nel tempo superiori al tasso-soglia
previsto dalla legge 108/96, potrebbero essere ridotti al livello di
quest'ultimo. In tal caso le banche dovrebbero restituire interessi percepiti
negli anni 1997-2000 per circa 9.500 miliardi di lire; si aggiunge la perdita
negli anni futuri sui contratti in essere valutabile in 5.500 miliardi di lire.
L'ipotesi
che avrebbe effetti più dirompenti sui mercati è quella che fa riferimento al
secondo comma dell'articolo 1815 del codice civile - così come modificato dalla
citata legge 108/96 - in base al quale, se gli interessi convenuti sono
usurari, essi non sono dovuti in alcuna misura. Seguendo tale impostazione, gli
oneri per le banche ammonterebbero a 32.500 miliardi di lire come restituzione
di interessi già percepiti; la perdita per gli anni futuri sui contratti in
essere sarebbe di 20.100 miliardi di lire.
Le
banche in quanto intermediari prestano i fondi raccolti tra il pubblico, al
quale garantiscono la restituzione del capitale e l'interesse pattuito. L'eventuale
riduzione degli interessi a favore dei mutuatari renderebbe necessaria una
corrispondente riduzione degli interessi corrisposti ai risparmiatori sulla
raccolta a lungo termine a tassi correlati a quelli dei mutui.
Per
il futuro, le banche saranno indotte a remunerare in minor misura i depositi e
a elevare i tassi sui nuovi prestiti, sia alle famiglie sotto forma di mutui
sia alle imprese.
Si
verrebbero in tal modo a contrapporre le richieste dei mutuatari - i quali, a
fronte degli elevati interessi pagati a causa dell'inflazione, hanno
beneficiato della rivalutazione delle abitazioni - alle ragioni degli altri
operatori economici, che dovrebbero fronteggiare il rialzo del costo del
denaro, e dei risparmiatori, che vedrebbero ridursi gli interessi ad essi
corrisposti.
La
possibilità per le imprese bancarie di sostenere gli oneri della riduzione
degli interessi ai mutuatari incontra un limite nel livello dei loro profitti,
già bassi nel confronto internazionale. Negli anni 1997, 1998 e 1999 gli utili
netti del sistema bancario si sono ragguagliati rispettivamente a circa 1.150,
13.000 e 17.600 miliardi di lire, pari all'1, al 7,4 e al 10 per cento in
rapporto al patrimonio.
Nell'ipotesi
più grave, la riduzione degli interessi sui mutui assorbirebbe interamente i
profitti del periodo. Nell'ipotesi meno negativa, essa assorbirebbe una parte
consistente dei profitti stessi. Data la non uniforme distribuzione degli
oneri, la riduzione di interessi sui mutui risulterebbe per alcune banche
insostenibile.
Le
incertezze giuridiche e tecniche sopra descritte tendono ad accrescere le
uscite di capitali, nonché a ridurre la presenza e l'operatività delle banche
estere in Italia diminuendo la concorrenza.
Le
accludo la nota metodologica che fornisce gli elementi di dettaglio utilizzati
nelle stime degli oneri per le banche".
Nota metodologica
I calcoli sono basati su parametri e su ipotesi coerenti con le informazioni
ricavabili dal mercato. In tutte le stime sono state assunte ipotesi nel
complesso prudenziali per: la consistenza dei crediti a medio e a lungo
termine, la loro durata media e i tassi di interesse. Variazioni di ampiezza
ragionevole dei valori utilizzati non modificando in modo sostanziale i
risultati.
In
particolare, sono stati presi in considerazione i crediti, non agevolati, a
tasso fisso e con durata superiore a 18 mesi, in essere nel periodo compreso
tra la fine del 1996 e la fine del 1999; essi sono stati decurtati della quota
stimata dei prestiti già rinegoziati dalle banche, a tassi presumibilmente
inferiori al tasso soglia. L'ammontare dei crediti così determinato è di
97.400, 102.900, 100.500 e 112.400 miliardi di lire, alla fine di ciascuno
degli anni indicati.
La
durata media originaria dei contratti è stata ricostruita sulla base dei dati
della loro vita residua; essa risulta di 13 anni.
La
ripartizione dei crediti in essere negli anni 1996-99 per anno di erogazione è
stata effettuata utilizzando tale durata contrattuale e tenendo conto di un
piano di ammortamento a rate costanti.
A
ognuna delle categorie omogenee di mutui per data di accensione così
determinate sono stati attribuiti tassi di interesse ricavati da una
distribuzione simmetrica intorno ai valori medi rilevati dalle statistiche, per
ciascun anno di erogazione.
Sulla
base delle ipotesi indicate, per ogni anno a partire dal 1997 è stata quindi
calcolata la quota dei crediti che risulta essere stata erogata con tassi
contrattuali divenuti superiori alla media dei tassi soglia vigenti in
quell'anno. Per il periodo successivo al 2000, si è assunto che il tasso
rimanesse costante e fosse pari alla media dei tassi soglia relativi ai primi
due trimestri dell'anno in corso; i crediti con tasso superiore a quello soglia
sono risultati mediamente pari a circa 20.000 miliardi.
Dai
calcoli così effettuati emerge che gli oneri complessivi per il sistema
bancario corrispondono a 15.000 miliardi nell'ipotesi di riduzione del tasso di
interesse a quello soglia e a 52.600 miliardi se gli interessi dovessero essere
ridotti fino al loro annullamento.